L’impatto psicologico della quarantena e come ridurlo: breve rassegna delle attuali evidenze (a cura di Ludovica BEDESCHI)

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L’impatto psicologico della quarantena e come ridurlo: breve rassegna delle attuali evidenze.
Ludovica Bedeschi traduce l’articolo di Brooks S., Webster R., et al., Lancet 2020)

La comparsa del Coronavirus nel Dicembre 2019, ha visto parecchi paesi entrare potenzialmente in contatto con tale infezione fino ad arrivare a una quarantena imposta. Le decisioni in base a cui applicare la quarantena dovrebbero essere basate sul maggior numero di prove disponibili. La presente rassegna ha come scopo la valutazione dell’impatto psicologico sulla popolazione. Di circa 3166 articoli trovati, in questo lavoro ne sono stati considerati 24. La maggior parte degli studi esaminati ha riportato effetti psicologici negativi, inclusi sintomi da disturbo da stress post traumatico, confusione e rabbia. I fattori stressanti includevano durata prolungata della quarantena, timore di contagio, frustrazione, assistenza inadeguata, informazione inadeguata perdita finanziaria e stigma.

La quarantena è una separazione e una restrizione negli spostamenti di persone che sono potenzialmente state esposte a una malattia infettiva al fine di accertare l’incubazione della stessa, riducendo quindi il rischio di infezione per altri soggetti. Questa definizione differisce dall’ isolamento, che riguarda la separazione di persone diagnosticate con una malattia contagiosa,  da altre persone che al contrario non sono malate; in ogni caso i due termini possono essere usati in modo intercambiabile. Questa emergenza attuale ha visto città intere della Cina poste in quarantena e molti cittadini stranieri invitati a rientrare nel proprio Paese di origine. Vi sono stati casi precedenti di quarantena imposte nelle aree della Cina e del Canada durante il 2003 a seguito dell’epidemia di SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome) Mentre interi villaggi nella maggior parte dell’Africa occidentale furono messi in quarantena durante l’epidemia del 2014 di Ebola. La ragione della presente rassegna sta nell’ esplorazione di quelli che sono i possibili risvolti negativi sotto il profilo della salute mentale. Sono stati riportati episodi suicidari, stati generalizzati di rabbia e infrazioni della legge a seguito dell’imposizione nella quarantena nelle precedenti epidemie. I benefici potenziali di una quarantena obbligatoria di massa devono essere attentamente ponderati rispetto ai possibili costi psicologici.

Data la situazione in via di sviluppo in merito all’epidemia di Coronavirus Covid-19, sono state raccomandate dall’ OMS una serie di rapide rassegne sui dati attualmente a disposizione. Gli studi presi in esame sono stati condotti in 10 paesi e hanno incluso pazienti affetti da SARS, Ebola,  l’influenza pandemica H1N1 del 2009 e 2010, la sindrome respiratoria del Medio Oriente,  l’influenza equina.

L’impatto psicologico della quarantena

Cinque di questi studi mettono a confronto i risultati degli effetti psicologici riportati da persone sottoposte a quarantena vs coloro non in tale condizione. Uno studio riguardante il personale ospedaliero che poteva essere entrato in contatto con la SARS ha riscontrato, nel periodo immediatamente successivo alla quarantena (9 giorni),   che la quarantena potesse configurarsi come fattore maggiormente predittivo di sintomi da stress acuto. Nello stesso studio, lo staff che era stato posto in quarantena aveva riportato in misura maggiore fenomeni di esaurimento, distacco dagli altri, ansia nel trattare pazienti febbricitanti, irritabilità, insonnia, mancanza di concentrazione e indecisione, ridotte performance lavorative, riluttanza al lavoro e alcuni hanno preso in considerazione il licenziamento. In un ulteriore studio, gli effetti di essere stati posti in quarantena, veniva considerato come un predittore di sintomi post traumatici nel personale ospedaliero, anche dopo tre anni. Uno studio che mette a confronto i sintomi da stress post traumatico in genitori e figli posti in quarantena, con coloro non confinati, ha riscontrato che l’interpretazione dei punteggi correlati allo stress post traumatico era quattro volte più alto nei bambini posti in quarantena rispetto a i loro coetanei non posti in isolamento. Il 28% dei genitori posti in quarantena in questo studio, ha riportato sintomi sufficienti per soddisfare una diagnosi di disturbo mentale correlato al trauma, in confronto al 6% dei genitori non posti in quarantena. Un altro studio condotto tra il personale ospedaliero ha riportato sintomi depressivi tre anni dopo il termine della quarantena e ha riscontrato che il 9% dell’intero campione riportava elevati sintomi depressivi. In tutti gli studi quantitativi sono stati intervistati coloro che erano stati posti in quarantena e la maggior parte di questi intervistati presentava una prevalenza elevata i sintomi di ansia e stress. Questi sintomi comprendevano disturbi emotivi, depressione, stress, umore depresso, irritabilità, insonnia e sintomi post traumatici. E uno studio ha paragonato i risultati psicologici durante la quarantena con successivi risultati e ha riscontrato che durante la quarantena, il 7% (126 di 1656) mostrava sintomi ansiosi e il 17% (275) mostrava sentimenti di rabbia, mentre circa 5 mesi dopò la quarantena questi sintomi si erano ridotti al 3% nel caso dell’ansia e al 6% nel caso della rabbia. Due studi hanno riportato gli effetti a lungo termine della quarantena, tre anni dopo l’epidemia di SARS, in merito all’uso di alcolici e questi sintomi di dipendenza sono stati correlati ai soggetti impiegati nel settore sanitario posti in quarantena. Anche dopo la fine della quarantena, molti dei partecipanti hanno continuato a mettere in atto comportamenti di evitamento. I punteggi riferiti agli impiegati del settore sanitario in quarantena erano positivamente e significativamente associati a comportamenti di evitamento, come il minimizzare al massimo il contatto diretto con i pazienti. Uno studio riguardante pazienti potenzialmente affetti da SARS e quindi posti in quarantena, ha rilevato che circa il 54% (524 di 1057) dei soggetti ha continuato ad attuare comportamenti direttamente nei confronti di persone che tossivano o starnutivano, il 26% evitava luoghi affollati, e il 21% evitava spazi pubblici nelle settimane successive al periodo di quarantena.

Fattori predittivi sull’ impatto psicologico precedenti la quarantena

Ci sono evidenze variabili riguardanti la possibilità che aspetti demografici e le caratteristiche dei partecipanti possano essere fattori predittivi di impatto psicologico durante la quarantena. Per esempio, uno studio condotto durante la quarantena dell’ influenza equina ha identificato una serie di caratteristiche associate con l’impatto negativo sulla popolazione: età media bassa (16 – 24 ), basso livello di scolarizzazione, genere femminile, essere genitori di figli unici in confronto al non avere figli. In ogni caso, in un altro studio è stato suggerito che fattori demografici come status maritale, età, educazione, vivere con altri adulti, e avere figli non erano stati associati a sintomi psicologici. Avere una storia di malattia psichiatrica è stato associato con esperienze di ansia e rabbia 4-6 mesi dopo il termine della quarantena.

Fattori stressanti durante la quarantena

Durata della quarantena

tre studi hanno dimostrato che la quarantena prolungata è stata associata con un ridotto livello di salute mentale, in particolar modo sintomi post traumatici da stress , comportamenti evitanti, e rabbia.

Paura del contagio

I partecipanti in 8 studi hanno riportato preoccupazione riguardo alla loro stessa salute, o il timore di poter contagiare altre persone, ed erano più preoccupati di contagiare membri della famiglia piuttosto che coloro non posti in quarantena.

Frustrazione e noia

Essere confinati, perdere la routine abituale, la riduzione dei contatti sociali e fisici con altri soggetti è stato spesso riscontrato come causa di noia, frustrazione, il senso di isolamento dal resto del mondo.

Provviste inadeguate

Trovarsi in condizioni di provviste inadeguate come per esempio scarsità di cibo, acqua, vestiti, o alloggi durante la quarantena è stato correlato con elevati tassi di frustrazione e continua a essere associato con fenomeni di ansia e rabbia a distanza di sei mesi dopo la fine della quarantena. Non essere in grado di procurarsi prescrizioni mediche e cure è stato inoltre considerato un grave problema da diversi partecipanti. Per quattro studi il supporto della sanità pubblica era insufficiente.

Informazioni inadeguate

Molti partecipanti agli studi hanno riportato una scarsità di informazione da parte delle autorità di sanità pubblica come fattore stressante e confusivo rispetto allo scopo della quarantena. Durante l’ epidemia della SARS a Toronto i partecipanti hanno percepito la confusione che derivava dai differenti stili e approcci e contenuti dei messaggi provenienti dalle strutture di salute pubblica, a causa della poca coordinazione tra le multiple giurisdizioni e i livelli di governo coinvolti. La mancanza di chiarezza riguardo ai differenti gradi di rischio, ha condotto i partecipanti a temere il peggio.

Fattori stressanti post quarantena

Finanze

La perdita finanziaria può essere un problema consistente durante la quarantena, dove si osservano persone impossibilitate a portare avanti la propria professione e interrotte nelle loro attività professionali senza una possibile pianificazione anticipata. Gli effetti di ciò appaiono essere a lungo termine. Negli studi presi in esame la perdita finanziaria come risultante dalla quarantena ha creato notevoli disequilibri socio – economici ed è stato riscontrato essere un fattore di rischio per disturbi psicologici anche diversi mesi dopo la fine della quarantena. Uno studio che ha analizzato persone poste in quarantena perché considerati possibili veicoli di Ebola, ha riscontrato che sebbene i partecipanti avessero ricevuto assistenza finanziaria, alcuni hanno percepito che tale importo forse insufficiente e giunto troppo tardi. Molti hanno percepito tale assistenza come insufficiente a coprire il deficit creato dalla sospensione dell’attività lavorativa. Dovrebbe essere previsto un rimborso finanziario dove possibile e sarebbe opportuno sviluppare dei programmi che possano fornire un supporto finanziario durante tutto il periodo di quarantena.

Stigma

Lo stigma ricevuto dagli altri è stato uno dei temi più discussi in letteratura, spesso dal momento che sembra persistere anche qualche tempo dopò la quarantena e anche dopo il contenimento dell’ epidemia. Se posti a confronto operatori del sistema sanitario posti in quarantena verso coloro non confinati, i partecipanti in quarantena riportavano più significativamente effetti di stigmatizzazione il rifiuto da parte delle persone del vicinato e del quartiere, portando a considerare che lo stigma forse più orientato nei confronti di coloro posti in quarantena.

In che modo si possono mitigare le conseguenze della quarantena ?

Durante le più grandi epidemie infettive la quarantena può essere una misura preventiva necessaria. In ogni caso. questa previsione suggerisce che la quarantena viene spesso associata ad effetti psicologici negativi. A tal proposito, i risultati di questa rassegna non forniscono forti evidenze riguardo a particolari fattori democratici come fattori di rischio per disagi psicologici dopo la quarantena, e per tal motivo è richiesta un’ attenzione specifica. In ogni caso, la correlazione tra storie pregresse di disagio mentale correlati e gli effetti della quarantena è stata investigata in un solo studio. La letteratura precedente suggerisce che una storia psichiatrica pregressa, è associata con l’aumento del disagio mentale dopo aver sperimentato un qualunque trauma disastro / correlato, ed è perciò probabile che persone con una condizione mentale di disagio preesistente necessitino di un supporto aggiuntivo durante il periodo di quarantena.

Una delle raccomandazioni più ovvie e ma necessarie è quella di limitare i giorni di quarantena al minor numero possibile per scongiurare effetti negativi in termini psicologici. Ridurre la durata della quarantena a ciò che è scientificamente ragionevole, data la durata del periodo di incubazione, potrebbe minimizzare gli effetti negativi sull’equilibrio mentale delle persone. Per coloro già in quarantena, un prolungamento della stessa non importa di quanto poco, potrebbe condurre ha un aumento esponenziale nel senso di frustrazione e demoralizzazione.

Dare alle persone il maggior numero di informazioni possibile

Le persone che si trovano in quarantena spesso temono di poter contagiare o di poter essere contagiati dagli altri. Spesso sviluppano queste considerazioni catastrofiche anche a causa di informazioni inadeguate, o fuorvianti pertanto è estremamente necessario che la quantità di informazioni e la qualità delle stesse sia adeguata al fine di rassicurare i partecipanti alla quarantena.

E’ inoltre essenziale fornire adeguate provviste sia alimentari sia mediche e inoltre, al fine di contenere la noia e l’isolamento, è necessario che la popolazione sia fornita di accessi alle reti sociali telematiche per poter gestire i sentimenti di esclusione e stress correlato alla quarantena. Il personale medico merita una attenzione speciale dal momento che spesso si trova a essere posto in quarantena e quindi esposto a quanto finora espresso in particolare riferito alla stigmatizzazione.

Forse a causa della difficoltà di condurre uno studio appropriato, non è stata rilevata nessuna ricerca che investigasse la differenza di effetti in termini di benessere rispetto a una quarantena obbligatoria rispetto a una volontaria. In altri contesti, il sentimento positivo derivante dall’idea che gli altri potessero trarre un beneficio dalla stessa nostra situazione sembrava essere un fattore facilitante di sopportazione della frustrazione. Rinforzare il concetto della quarantena significa tenere se stessi e gli altri al sicuro, ed è un motore di altruismo e generosità; tuttavia senza un adeguata informazione questo sentimento rischia di svanire piuttosto velocemente.

In conclusione, sebbene la quarantena sia una delle diverse misure pubbliche da mettere in atto per prevenire il contagio di un’ infezione come illustrato in questa rassegna, essa ha un impatto psicologico notevole su coloro che ne sono coinvolti. A tal proposito ci si chiede se altre misure pubbliche di salute che possono prevenire il bisogno di una quarantena come il distanziamento sociale, l’eliminazione di raduni di massa e la chiusura delle scuole possano essere privilegiate. Sono necessarie ricerche future per stabilire l’efficacia di tali misure. A tal proposito, questa revisione suggerisce che l’impatto psicologico della quarantena sia ad ampio spettro,  e possa essere persistente nel tempio. Ma allo stesso tempo, sarebbero incalcolabili gli effetti psicologici nel non contenere malattie così infettive e devastanti. In ogni caso privare le persone della propria libertà di poter circolare e avere contatti sociali, deve essere qualcosa da maneggiare con estrema attenzione.

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