Le verità svelate dal Covid19 (di Ludovica BEDESCHI)

“L’emergenza è uno stato mentale”. Ci ho messo un po’ prima di capire il senso di questa frase, perché di primo impatto, mi ha irritata. L’ho trovata svalutante come affermazione, tanto più se accostata alle immagini delle varie terapie intensive, alle facce stravolte dei medici e degli operatori sanitari. Poi, nel silenzio imposto, e cosi terapeutico, di questa quarantena digerita collettivamente a botte di serie tv, innumerevoli chat di gruppo, hobbies riscoperti, allenamenti domestici improvvisati, gare di cucina e in alcuni (forse parecchi casi) di ansiolitici, ne ho capito forse il vero intento. Questa frase, è stata pronunciata da un ricercatore israeliano, del centro di Virologia che, in questi giorni, si sta affannosamente prodigando con il suo team alla ricerca di un vaccino, e come tanti rumors su altre possibili scoperte di altri paesi, pare siano anche vicini a indovinarlo. Pertanto non si può certo attribuire a tale opinione, un sapore disinteressato dal momento che anche lui è coinvolto nella vicenda, e che è forse tra i più aventi titolo a esprimere un parere nel merito.

Eppure, mi sono chiesta se non avesse ragione.

Penso che sia l’idea stessa dell’ emergenza, il fattore maggiormente attivante in ciascuno di noi., piuttosto che il suo reale fronteggiarla….

E quindi mi sono fermata a considerare i diversi benefici di uno stop imposto. Premetto che essendo come molti, una libera professionista mi trovo nella stessa situazione di coloro che vivono del loro lavoro, e ai quali le restrizioni della pandemia, ha falciato le caviglie degli indotti mensili; tanto meno sottovaluto i rischi elevatissimi di contagio e affezione per i “soggetti a rischio” e non, quindi condividerò da subito la consapevolezza della tragicità del momento storico, eppure..

Eppure, come tutti i momenti che cambieranno la storia, li vivremo senza esserne davvero consapevoli. Cosa che, al contrario, questa volta ci sarà imposto di fare. E’ servito un virus per riportare alla nostra attenzione il nostro attaccamento alla vita. Le nostre paure di morte, di malattia, di contagio, di agonia. E mi sono chiesta se questo rispetto verso la vita, e tentativamente anche verso il prossimo, fosse una consapevolezza anche dei giorni precedenti allo scoppio dell’emergenza.

Mi sono chiesta se non fosse in fondo necessario, uno stop improvviso, immediato di un sistema già di per sè virulento nella sua quotidianità. Fatto di rischi non necessari, bisogni non necessari, accumuli non necessari. Una città come Roma, per esempio, ormai nota al mondo non più tanto come il centro del mondo, ma come esempio di declino, sporcizia, disorganizzazione si è “ghostizzata” in meno di tre giorni. E non è mai stata più bella, e maestosa.

L’aria si è purificata e sembra quasi possibile sentire la primavera, che incurante delle nostre malefatte umane, arriva discreta ed elegante. Come solo la natura riesce a essere.

Il nostro tempo è tornato, volente o no, per lo più a nostra disposizione; così come i rapporti umani che abbiamo scelto, prima di intessere e poi di procreare. Questo è un momento importantissimo per la nostra civiltà. La paura, che per primato biologico blocca ogni altra elaborazione cognitiva, ci farà forse ricordare che le nostre priorità dovrebbero essere basate sulle nostre scelte e non sui doveri? Ci farà riflettere sul fatto che un virus è un evento, e non un’emergenza. L’emergenza è uno stato mentale che si attiva dalla paura e dalla sensazione di impotenza e perdita di controllo. Abbiamo l’occasione, durante queste future settimane, di chiederci se la vita che svolgevamo prima della quarantena, lamentandoci di frenesie e ingorghi, piccoli e grandi intoppi quotidiani, è la stessa vita che vorremmo riprendere una volta che ci sarà riconsegnata la “libertà” di impiegare il nostro tempo, che tanto temiamo che un virus ci porti via, in ciò che realmente abbia un valore. E ci si deve adattare, per non estinguersi. Abbiamo la possibilità di riflettere, e occuparci delle cose importanti, anziché di quelle urgenti. Forse questo, spaventa più di un virus.

Ludovica Bedeschi
Psicologa, Psicoterapeuta, Centro Clinico de Sanctis Roma

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