Manuale pratico per il trattamento dei disturbi psichici da uso di sostanze (recensione di Alessia ZANGRILLI)

Alessandro Emiliano Vento, Giuseppe Ducci (2018): Manuale pratico per il trattamento dei disturbi psichici da uso di sostanze. Giovanni Fioriti Editore, Roma pp. 392, Euro 34.00
di  Alessia Zangrilli

Ecco, ci siamo.

Esperienza clinica, biologia, epidemiologia e dati forti hanno infine trovato una sintesi accurata e competente che ci racconta cosa significhi, a tutti i livelli, avere a che fare con la psicopatologia indotta dall’uso di sostanze.

Non è certo la prima volta che chi si occupa di salute mentale ne senta parlare, o abbia esperienza di quadri clinici complessi legati all’abuso, ma arriva forse nuovo il dato che oggi, nei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC), il 90% dei ricoveri dei pazienti sotto i 40 anni viene determinato (o co-determinato) dalle conseguenze psichiche e comportamentali indotte dall’uso di sostanze psicoattive, e che il 50% delle persone che accedono ai diversi Servizi di Salute Mentale presenta quadri clinici caratterizzati dalla concomitanza tra manifestazione psichiatrica ed utilizzo.

Si tratta pertanto di una realtà che cammina veloce, che riguarda da vicino i diversi contesti della pratica clinica, e che compare trasversale nelle diagnosi, nelle anamnesi, e nelle manifestazioni sintomatologiche di moltissimi dei nostri pazienti.

L’apertura dell’opera sulla psicosi sintetica racconta da subito la storia, ramificata ma tremendamente chiara, della psicosi esogena: si tratta del percorso psichico dallo stato crepuscolare (restrizione dello stato di coscienza ed incontro tra l’esperienza tossicomanica e quella psicotica) fino al Gemacht, la rivelazione finale, l’esito dello sviluppo psicopatologico che parte dallo stato di intossicazione.

L’articolato svolgersi dei passaggi descritti attraverso il caso clinico lascia emergere la percezione discontinua e incompleta della realtà nel paziente tossicodipendente, imprigionato nella transizione dall’esterno all’interno di sè e nel processo che, dalle modificazioni sensoriali, giunge all’esperienza delirante.

Il primo contributo si chiude, efficacemente, con indicazioni salienti sulla diagnosi differenziale rispetto alla psicosi endogena, e prepara il lettore all’inquadramento dei disturbi psichici provocati dalla dipendenza.

Partendo dalla descrizione del meccanismo di aberrazione della salienza, caratteristico delle manifestazioni deliranti, gli autori illustrano chiaramente l’addiction nei suoi correlati neurologici, che coinvolgono i circuiti della ricompensa: il progressivo approfondimento proposto sfata, una volta per tutte, il mito diffuso della distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere, e mostra come ogni abuso sia da intendere come effetto, causa, e concausa, di patologia. Mostra inoltre come sia ormai ampiamente superata la distinzione tra dipendenza fisica e psichica, entrambe espressioni del complesso rapporto tra l’individuo, le sostanze e l’ambiente.

Nello snodarsi delle connessioni tra primo utilizzo, craving e ricadute, il lettore viene a questo punto accompagnato verso la comprensione della neurobiologia della dipendenza, fondata sulla scarsa attivazione dei sistemi motivazionali naturali e sulla compromissione del circuito del reward, dove spiccano il rinforzo negativo nell’eliminazione di stati d’animo dolorosi e la mancanza di motivazione verso altre forme di stimolo.

Il focus conclusivo passa poi in rassegna l’utilizzo in adolescenza e nell’ADHD, lungo i sentieri della dopamina e dei suoi recettori.

Inevitabile completamento di questa iniziale trattazione di taglio fortemente biologico, segue la disamina dei fattori personologici predisponenti, e dei fenomeni di significativo impatto psicologico quali la peer pressure, la cultura di riferimento, la percezione del rischio e l’illusione dell’autoterapia, mentre concludono la sezione gli accurati riferimenti degli autori alla farmacoterapia, agli strumenti biologici non farmacologici ed agli interventi di tipo psicosociale, tra specificità ed integrazione.

La seconda parte dell’opera, dedicata alla gestione clinica, distingue in ogni capitolo le peculiarità delle singole famiglie di sostanze (PIEDs, alcol, cannabis, psicostimolanti, oppioidergici, nicotina e caffeina, nella chimica delle loro molecole e nei caratteristici effetti) ed approda alla spiegazione dei meccanismi sottesi ai disturbi del sonno da queste indotti. Fornisce poi, nel capitolo finale, una disamina delle linee guida per il trattamento dei disturbi da uso di sostanze in contesti specifici quali il carcere, la gravidanza, e tra gli operatori sanitari, ed avanza una proposta metodologica di prevenzione primaria e secondaria.

Lo snodarsi fluido di questi ultimi capitoli è preceduto da una puntuale riflessione ispirata alle buone pratiche (le cui righe trasudano di esperienza clinica) sulla gestione dell’acuzie psicopatologica indotta dalle sostanze.

Nulla viene dato per scontato, nulla appare ridondante: un cosa fare e non fare prezioso e diretto, che anticipa l’aggiornamento e la cura del contributo dedicato alle nuove sostanze psicoattive, ulteriore e notevole valore aggiunto allo scorrere, attento, dei temi trattati.

Il tributo reso si rivolge alla classificazione vigente delle sostanze di recente diffusione e di quelle cosiddette di nicchia, che sembrano comparire e correre sul mercato (in particolare su quello, poco regolamentato, del web) a ritmi vertiginosi, in un continuo rimbalzo definitorio tra legale ed illegale, tra sicuro e pericoloso, prodotto e matrice della nostra società liquida.

Al termine della lettura, ci si domanda come sia stato possibile, fino ad oggi, non sapere tutto questo. O meglio, non avere, di tutto questo, un inquadramento così organico e coerente. La domanda appare, in effetti, legittima…

Alessia Zangrilli
Psicologa, Psicoterapeuta, Docente Istituto Beck di Roma
Centro Clinico de Sanctis, Roma

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