Paolo Milone (2021): L’ARTE DI LEGARE LE PERSONE. Einaudi, Milano, pp. 200, Euro 18.50.
“Cerca te, ha bisogno di te, non dei protocolli. Cerca il medico non la medicina.”
“L’arte di legare le persone”, opera prima di Paolo Milone (Einaudi), è una tavolozza dove sono sparsi alla rinfusa chiazze, sprazzi, pennellate, spuntoni delle patologie mentali che l’Autore ha incontrato e incontra nel reparto 77 dell’ospedale genovese ove presta servizio come psichiatra. La prosa usata come poesia è costellata da una ironia e autoironia che incorniciano esistenze destrutturate. Pensieri sagaci, angosciati, divertiti, punteggiano pagine che hanno come protagonisti schizofrenici, euforici, tossici, alcolisti, caratteriali, isterici, paranoici. Immagini sulla morte che lasciano un lieve brivido lungo la schiena: “Della morte è sconcio parlare, invece l’assassinio è tema gradito in società. Rilassa, rassicura. Dà l’illusione che siamo noi a controllare la morte. Arrestato l’assassino, non si muore più. Tutti a casa tranquilli.”.
È un libro autobiografico sul mondo interiore di uno psichiatra, sui suoi sensi di colpa se un paziente si suicida, sul come vive l’improvviso sentimento nei confronti di una ragazza in cura. I passaggi sul lamentio e sulla contenzione sono memorabili: “Il bene e il male che facciamo a un’altra persona si riverbera e si propaga in mille modi tra i suoi parenti, amici e conoscenti e, nel tempo, si trasmette a tutti i discendenti.”.
La stessa impostazione grafica delle pagine, così frastagliata e nervosa, trasmette le sensazioni che Milone prova nella quotidiana immersione nelle scariche mentali psichiatriche.
Luciano, Lucrezia, Iris, Miriam, Lino, Elia, si faranno vento “più forti del dolore, più forti della paura, più forti del rancore”, ed è certamente molto duro non riuscire a dare risposte e spiegazioni a suicidi e tentativi di suicidio.
“Noi veniamo al mondo non quando usciamo dal corpo della madre, ma quando la madre ci abbraccia e ci riconosce e, senza parole, ci contiene ancora in sé: in questa matrice noi ci costruiamo.”.
La prosa si fonde nella poesia e la poesia si confonde nella prosa in una armonica bellezza dal contenuto aspro come il limone e dolce come il miele.
Fabrizio Giulimondi
Giurista, letterato, ha un blog di recensioni seguito da decine di migliaia di lettori , dal quale abbiamo tratto anche questa, per gentile concessione
http://giulimondi.blogspot.com
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