Perché fornire ragioni e motivi può essere fondamentale per la crescita e la trasmissione della conoscenza? Dall’intenzionalità condivisa alla cultura cumulativa

EVOLUZIONISMO E SCIENZE UMANE – rubrica a cura di Cristiano Ardovini (presentazione di Antonio Onofri)

Cathal O’Madagain and Michael Tomasello (2021): Shared intentionality, reason-giving and the evolution of human culture. Trans. R. Soc. B 377. Recensione e commento a cura di Cristiano Ardovini

Michael Tomasello, antropologo evoluzionista statunitense, è da anni impegnato nello sviluppo della teoria dell’intenzionalità condivisa, dove coniugando filogenesi ed ontogenesi secondo il recente paradigma della biologia evolutiva dello sviluppo (EVO-DEVO) studia le caratteristiche della motivazione cooperativa, vero elemento distintivo della specie umana (“ultrasocialità”). Una sua esaustiva e recente sinopsi è descritta nel volume del 2019 “Becoming human. A theory of ontogeny”, tradotto in italiano da Raffaello Cortina nello stesso anno. Tra i suoi elementi distintivi, di particolare rilievo vi è la caratterizzazione di due diverse forme di intenzionalità condivisa, congiunta (o diadica) e collettiva (o gruppale), che si succedono senza soluzione di continuità nel tempo filogenetico e ontogenetico,

La prospettiva proposta da Tomasello trova le sue fondamenta nell’impiego e nell’integrazione di una messe di dati sperimentali desunti dallo studio e dal confronto di primati antropomorfi e bambini umani di età differenti impegnati in specifici compiti finalizzati ad esplorare l’eventuale presenza e attività delle diverse abilità socio-cognitive legate a coordinazione e cooperazione interpersonali.

Tra le aree che Tomasello si è proposto di indagare attraverso le lenti della sua teoria, particolare rilevanza ha occupato e tuttora occupa quella che fa riferimento all’evoluzione della cultura, o meglio, delle culture nella specie umana, nella sua relazione con l’intenzionalità condivisa.

L’articolo oggetto di questa recensione, scritto nel 2021 in collaborazione con il filosofo Cathal O’Madagain, dell’Università di Ben Guesir in Marocco, ne rappresenta una recente e chiara esemplificazione.

Gli autori, infatti, si propongono di utilizzare la motivazione dell’intenzionalità condivisa per illuminare un aspetto dell’evoluzione della cultura umana ad oggi decisamente negletto dalla ricerca scientifica. Il riferimento è al concetto di cultura cumulativa, identificato dallo sviluppo storico di strumenti e tecnologie da un lato, e strutture e istituzioni sociali, dall’altro. L’aggettivo “cumulativo” ne qualifica una caratteristica specifica, di solito assente in qualsiasi altra forma di cultura riconoscibile nelle diverse specie animali, al di là di quella umana. Vale a dire il fatto che ogni generazione produce innovazione partendo dal patrimonio culturale ereditato dalle generazioni precedenti, su cui al contempo esercita un processo selettivo, con la conseguente conservazione dei “memi” più adattativi a discapito di quelli meno vantaggiosi in termini di sopravvivenza e capacità riproduttiva per gli individui e il loro gruppo di appartenenza. Per inciso, una tale lettura dei fenomeni culturali ribadisce come la teoria elaborata da Tomasello li radichi in una prospettiva biologicamente fondata, concetto che l’antropologo sottolinea in modo esplicito in molti dei suoi scritti, tra cui il già citato volume del 2019.

La cultura cumulativa, quindi, prevede una dimensione ineludibilmente progressiva nell’innovazione “memetica”, configurando uno specifico fenomeno che gli autori definiscono come “incrementale” o “del dente d’arresto” (“ratchet effect”), il cui effetto si traduce nella costruzione, stabilizzazione, articolazione e trasmissione di un complesso insieme di conoscenze e di risorse cognitive proprie del gruppo sociale, a disposizione di ogni individuo che vi appartenga.

Quale percorso gli autori scelgono per accompagnare il lettore nel viaggio che dall’intenzionalità condivisa ha condotto, a loro avviso, allo sviluppo della cultura cumulativa? Quello fondato su una descrizione “evidence-based” e storico-naturale, le cui evidenze a sostegno, comunque di natura indiretta, derivano da fonti distinte e molteplici. In primis, i dati raccolti dalla realizzazione di esperimenti comportamentali con primati antropomorfi e bambini umani, dove si valuta presenza e qualità delle diverse forme di collaborazione, comunicazione e apprendimento sociale impiegate dai soggetti sperimentali. A cui si aggiungono poi, integrandoli, le informazioni desunte dallo studio delle caratteristiche e delle procedure di costruzione-assemblaggio di specifici artefatti nel corso della filogenesi e i dati di esperimenti comportamentali in cui a esseri umani contemporanei viene richiesto di progettare e utilizzare quegli stessi strumenti, identificando e evidenziando le eventuali difficoltà incontrate nel processo.

Da questo percorso ricostruttivo, per scelta intenzionale dichiarata dagli stessi autori, rimane esclusa l’esplorazione dei diversi fattori sociali che di certo hanno contribuito a plasmare la forma assunta dai processi di evoluzione culturale umana nel tempo filogenetico, quali la frequenza di contatto tra i diversi gruppi culturali, la densità demografica delle popolazioni e la tipologia dei legami tra i membri dei gruppi.

Ora, attraverso quali meccanismi la motivazione all’intenzionalità condivisa ha dato l’abbrivio a quel complesso percorso che durante il lungo processo di ominazione ha prodotto, attraverso il succedersi di fasi distinte e progressive, lo sviluppo della cultura cumulativa umana? Per O’Madagain e Tomasello la risposta risiede nella comparsa sulla scena filogenetica della motivazione all’insegnamento intenzionale, o pedagogia intenzionale, una delle conseguenze dirette dello sviluppo dell’intenzionalità congiunta o diadica. Questa prima modalità di cooperazione, in termini filogenetici e ontogenetici, comparve, secondo la ricostruzione di Tomasello, come riflesso della presenza di specifiche condizioni ecologiche che, circa 400.000 anni or sono, favorirono forme di procacciamento del cibo indicate con l’espressione di foraggiamento collaborativo obbligato.

La pedagogia intenzionale sostiene, per le sue caratteristiche, forme di apprendimento sociale del tutto nuove e distinte rispetto a quelle caratteristiche dei primati antropomorfi e, con ogni probabilità, anche dei primi ominini, come le Australopitecine. Qui, infatti, i processi di apprendimento erano governati esclusivamente dalla motivazione ad osservare da parte del discente, senza alcun intervento attivo dell’individuo “modello”. Non solo, gli eventuali fenomeni innovativi erano coartati da meccanismi conservativi, nel senso che l’acquisizione di una specifica strategia per la soluzione di un determinato inibiva la motivazione ad apprenderne di nuove. Il contrario di quanto invece accadde con l’avvento dell’insegnamento intenzionale, centrato sulla motivazione deliberata dell’insegnante a produrre e trasmettere strategie e informazioni di varia natura. Rispetto al tema della motivazione all’insegnamento, sia permessa una rapida digressione dal punto di vista del mondo concettuale della motivazione. Per chi scrive, che viene da un background teorico come quello della Teoria Evoluzionistica della Motivazione (TEM), i cui concetti fondanti sono, tra gli altri, le basi evoluzionistiche della motivazione umana e il suo articolarsi in forme molteplici e gerarchicamente organizzate, la motivazione all’insegnamento, a tutti gli effetti di natura prosociale, prevede una cooptazione di accudimento e cooperazione. E una tale angolatura, sempre nel pensiero del recensore, potrebbe permettere un interessante tentativo d’integrazione tra la teoria dell’intenzionalità condivisa e quella dell’accudimento collaborativo e delle “allomadri” proposta dall’antropologa Sarah Bluffer-Hrdy. Ad onor del vero, un accenno, (ma solo un accenno, vale la pena di precisarlo), alla possibilità di immaginare l’insegnamento quale riflesso dell’intervento congiunto delle motivazioni accudente e cooperativa lo si ritrova in una delle note conclusive del contributo di O’Madagain e Tomasello. Qui, infatti, gli autori, riflettendo sui fenomeni di coevoluzione tra insegnamento e cultura, indicano la possibilità che il primum movens per lo sviluppo della motivazione pedagogica sia stato favorito dall’intervento del meccanismo della “selezione di parentela”.

Ora, tornando alla relazione tra insegnamento intenzionale e evoluzione culturale umana, sono da attribuirsi ai successivi e progressivi sviluppi della pedagogia i cambiamenti filogenetici manifestati dalle culture umane, fino, appunto, all’acquisizione di quel carattere cumulativo che la rende ineguagliata e patognomonica per la specie umana rispetto al resto dell’intero mondo animale. Gli autori li descrivono con accuratezza e eccellente lucidità e chiarezza espositiva, avvalendosi anche di esempi appropriati a favorirne la comprensione. E così, dalla pedagogia dimostrativa, finalizzata alla coordinazione delle azioni, si passa alla pedagogia normativa, dove la coordinazione interpersonale si fonda su regole e norme condivise, per giungere infine alla pedagogia epistemica, autentico protagonista dell’articolo, dove è la condivisione delle ragioni e dei motivi alla base del “fare” e delle procedure culturali a condizionare la coordinazione tra esseri umani. La scelta dell’aggettivo “epistemica” come qualificatore di una tale forma di pedagogia è motivata dagli autori ricordando una riflessione di Platone, contenuta nel dialogo dal titolo “Menone”, secondo il quale la conoscenza umana è fondata sulla comprensione dei motivi alla base di affermazioni, proposte e progetti. È dalla pedagogia epistemica, con le abilità sociocognitive che la sostengono e da cui ricorsivamente si sviluppano, che nascono le prime civiltà umane propriamente dette, alimentate e rese via via più complesse da quel fenomeno “incrementale” che contraddistingue i processi di costruzione e trasmissione della cultura cumulativa.

In conclusione, per chi fosse interessato al tema dell’evoluzione culturale umana, secondo un’ottica che si radica nei più recenti sviluppi della biologia evolutiva dello sviluppo e dell’antropologia evoluzionistica, la lettura di questo contributo deve essere considerata irrinunciabile. La chiarezza espositiva, l’eccellente capacità d’integrazione delle diverse informazioni a sostegno delle ipotesi proposte insieme alla precisa descrizione delle fonti e l’aggiornata bibliografia che lo completano, lo rendono un lavoro prezioso, anche perché in grado di fornire euristici spunti di riflessione su un tema così pregnante e significativo per lo studio della specie umana, quale è fuori di ogni dubbio l’evoluzione culturale, nelle sue variegate e molteplici manifestazioni.

14/09/2022

Cristiano Ardovini
Medico, Psicoterapeuta, ARPAS Roma

BIBLIOGRAFIA

  • Tomasello M. Diventare umani Raffaello Cortina Editore, 2019  
  • Liotti G., Fassone G. e Monticelli F (a cura di) L’evoluzione delle emozioni e dei sistemi motivazionali. Teoria, ricerca, clinica Raffaello Cortina Editore, 2017
  • Platone Menone a cura di Mauro Bonazzi, Piccola Biblioteca Einaudi. Classici, 2010

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