Gioco d’azzardo patologico e addictions (di Fabio Presti)

Nell’ultima edizione del DSM, il gioco d’azzardo patologico è stato spostato all’interno della categoria delle addictions; come nota Bellio (2013), questo cambiamento rappresenta una vera e propria svolta epistemologica (sia per il GAP che per le dipendenze in generale) poiché sancisce la stretta analogia tra il gioco patologico e le altre forme di dipendenza, un’analogia che va oltre l’aspetto puramente comportamentale per interessare la dimensione genetica e neurobiologica del fenomeno. Nella pratica clinica si è ormai fatta strada l’idea che gambling e dipendenze siano forme psicopatologiche assimilabili. Nei giocatori patologici ad esempio, possono manifestarsi crisi di astinenza caratterizzate da ansia e sudorazione, nausea vomito e tachicardia del tutto simili a quelle dell’astinenza chimica (Iraci Sareri, 2011). Vi è inoltre una certa condivisione in letteratura, sulla possibilità di rinvenire esperienze di vita comuni nei pazienti che sviluppano dipendenze patologiche, in particolare traumi in età evolutiva (intesi sia come abusi di vario genere sia come trascuratezza) disturbi dell’attaccamento, e disregolazione affettiva (Caretti, La Barbera, 2010).

Autori “classici” come Khantzian, Goodman, Dodes, hanno trattato le addiction come una categoria unitaria, rinvenendo nel deficit della regolazione degli affetti l’elemento centrale che accomuna condotte compulsive quali gioco d’azzardo, disturbi del comportamento alimentare, dipendenze sessuali e l’utilizzo di sostanze.

Più recentemente Spence e Courbasson (2013), hanno messo in relazione la difficoltà di identificare e descrivere le emozioni, la loro mancata regolazione e il conseguente comportamento compulsivo. Tale collegamento risulta valido tanto per la dipendenza da sostanze quanto per i disturbi alimentari. Tre aspetti, secondo gli Autori, sembrano correlati al comportamento dipendente:

  1. l’incapacità di identificare le emozioni (alessitimia);
  2. la mancanza di regolazione dell’umore;
  3. le reazioni comportamentali disregolate.

Diverse evidenze ci consentono quindi di guardare agli interventi sul gambling all’interno della più ampia cornice delle addiction e di focalizzarasi sull’elemento che sembra centrale in questi disturbi, ovvero la disregolazione degli affetti.

Da un punto di vista evolutivo, sappiamo che il bambino possiede limitate capacità di regolare autonomamente i propri stati interni; egli impara a farlo nel tempo, attraverso una strategia di interazione sociale che sollecita risposte sintonizzate nei genitori. Proprio la capacità da parte del genitore di “leggere” correttamente gli stati interni del bambino gli consentirà in futuro di identificare, catalogare e attribuire un significato alle proprie esperienze. Main (2008) ha ipotizzato che la rappresentazione mentale dell’attaccamento nel bambino sia strettamente connessa alle capacità metacognitive del genitore. Tuttavia se il caregiver fallisce ripetutamente nel sintonizzarsi con gli stati emotivi del bambino, se non risulta disponibile (o lo è in modo incostante e imprevedibile), ne possono derivare stili di attaccamento insicuri e non-organizzati che implicano un’aspettativa negativa di risposta ai propri bisogni. In particolare, la rappresentazione del genitore come spaventato e spaventante (frightened/frightening) tipica della disorganizzazione dell’attaccamento, crea un circolo vizioso di paura che rende impossibile al bambino la richiesta di conforto e che può incrementare le esperienze emotive traumatiche non elaborate.

Nella prospettiva della teoria dell’attaccamento si può affermare che un attaccamento di tipo insicuro/disorganizzato e un deficit della regolazione delle emozioni siano gli elementi costitutivi del processo che porta a sviluppare i disturbi da dipendenze patologiche (Schindler & Bröning 2014). La storia evolutiva di interazioni negative e traumatiche determina in età adulta una sfiducia nel supporto familiare e sociale e, conseguentemente, il ricorso alla sostanza come forma di “automedicazione”. Il processo che porta a sviluppare la dipendenza nasce quindi dal tentativo di affidare la regolazione emotiva a qualcosa di esterno su cui la persona ha l’illusione di poter mantenere un certo controllo. Il gioco d’azzardo, il ricorso all’alcol, l’uso eccessivo di internet, il lavoro eccessivo, lo shopping compulsivo, ma anche le abbuffate nei disturbi alimentari, sottendono quindi lo stesso tentativo di regolare una emotività non mentalizzata e spesso dolorosa.

Quando le persone dipendenti si abbandonano alle loro addiction, afferma Guerreschi (2013), attraversano stati simil-dissociativi che li differenziano dalle persone non dipendenti. Esperienze descritte da Jacobs come “perdere la cognizione del tempo, sentirsi una persona differente, vedersi dall’esterno, sentirsi come in uno stato di trance, avere un vuoto di memoria” si possono riscontrare nei giocatori patologici, nei dipendenti dal cibo e negli alcolisti (Jacobs, 1988). Tali esperienze costituiscono lo stato alterato di coscienza esperito che, secondo Jacobs, sarebbe il fine ultimo di tutti i comportamenti additivi.

Le esperienze “simil-dissociative” tipiche dei comportamenti di addiction sottendono una modalità di funzionamento mentale automatica e non consapevole. Questa modalità si attiva quando la persona ha un basso livello di vigilanza, non è focalizzata su un compito o quando si perde nel sogno ad occhi aperti. Questa è anche la modalità tipica degli stati che portano alle ricadute, quelli stati in cui perdiamo momentaneamente il contatto con la realtà e siamo letteralmente risucchiati nei nostri pensieri. (Brewer, 2017)

– Bellio, G. (2013) “Il gambling patologico nel nuovo DSM-5” ALEA – Bullettin (3-2013) . http://www.gambling.it/index.php?option=com_content&view=article&id=79:il-gambling-patologico-nel-nuovo-dsm-5-di-graziano-bellio&catid=36&Itemid=301
– Brewer, J., The Craving mind, Yale University Press, (2017)
– Caretti, V., La Barbera, D. (a cura di) (2010) Addiction. Aspetti biologici e di ricerca. Raffaello cortina, Milano.
– Guerreschi, C., “Dissociazione e gap, sintomi neurologicamente correlati o differenziati” ALEA – Bullettin (3-2013) http://www.gambling.it/index.php?option=com_content&view=article&id=78&Itemid=300
– Iraci Sareri, G., “Paradigmi del giocatore d’azzardo patologico e paradigmi della cura del giocatore” in Gambling: dati, ricerche, intervento, ITACA, anno XIV, N°33 (2011).
– Jacobs, D.F. (1988). “Evidence for a common dissociative like reaction among addicts”. Journal of
– Gambling Behavior, 4, 27–37. https://link.springer.com/article/10.1007/BF01043526
– Main, M (2008) L’attaccamento. Dal comportamento alla rappresentazione. Raffaello Cortina, Milano
– Spence, S., Courbasson, C. (2013). “The role of emotional dysregulation in concurrent eating disorders and substance use disorders”. Eating Behaviors, 13, 382–385. https://doi.org/10.1016/j.eatbeh.2012.05.006

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